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giovedì 14 febbraio 2019

"UN HOMBRE REUNIÓ A SUS SERVIDORES" Mt 25,14-15






6 commenti:

  1. seguono commenti "TALENTOS" Mt 25, 16-19
    "LES PIDIÓ CUENTAS" Mt 25, 19
    "CINCO, DOS Y UN SOLO TALENTO" Mt 25,20-28
    "EL TALENTO" Mt 25, 28-30

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    1. Antifona
      Signore, tendi l’orecchio, rispondimi.
      Tu, mio Dio, salva il tuo servo, che in te confida.
      Pietà di me, o Signore, a te grido tutto il giorno. (Sal 85,1-3)

      Colletta
      O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
      concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
      e desiderare ciò che prometti,
      perché tra le vicende del mondo
      là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
      Per il nostro Signore Gesù Cristo.

      Prima Lettura
      Avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri.
      Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
      1Ts 4,9-11

      Fratelli, riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedònia.
      Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato.

      Parola di Dio.

      Salmo Responsoriale
      Dal Sal 97 (98)

      R. Il Signore viene a giudicare i popoli con rettitudine.

      Cantate al Signore un canto nuovo,
      perché ha compiuto meraviglie.
      Gli ha dato vittoria la sua destra
      e il suo braccio santo. R.

      Risuoni il mare e quanto racchiude,
      il mondo e i suoi abitanti.
      I fiumi battano le mani,
      esultino insieme le montagne. R.

      Davanti al Signore che viene a giudicare la terra:
      giudicherà il mondo con giustizia
      e i popoli con rettitudine. R.

      Acclamazione al Vangelo
      Alleluia, alleluia.

      Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
      come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. (Gv 13,34)

      Alleluia.

      Vangelo
      Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
      Dal Vangelo secondo Matteo
      Mt 25,14-30

      In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
      «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
      Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
      Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
      Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
      Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
      Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
      Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

      Parola del Signore.

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    2. PAROLE DEI PAPI
      L’uomo della parabola rappresenta Gesù, i servitori siamo noi e i talenti sono il patrimonio che il Signore affida a noi. Qual è il patrimonio? La sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono… insomma, tante cose, i suoi beni più preziosi. Questo è il patrimonio che Lui ci affida. Non solo da custodire, ma da far crescere! Mentre nell’uso comune il termine “talento” indica una spiccata qualità individuale – ad esempio talento nella musica, nello sport, eccetera –, nella parabola i talenti rappresentano i beni del Signore, che Lui ci affida perché li facciamo fruttare. La buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» (v. 26) indica la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore. Perché la paura dei rischi dell’amore ci blocca. Gesù non ci chiede di conservare la sua grazia in cassaforte! Non ci chiede questo Gesù, ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri, e così crescono. È come se ci dicesse: “Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne largo uso”. (P. Francesco Angelus, 16 novembre 2014)

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    3. Con questa parabola, Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere. Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza. (…) Cari fratelli, accogliamo l’invito alla vigilanza, a cui più volte ci richiamano le Scritture! Essa è l’atteggiamento di chi sa che il Signore ritornerà e vorrà vedere in noi i frutti del suo amore. La carità è il bene fondamentale che nessuno può mancare di mettere a frutto e senza il quale ogni altro dono è vano (cfr 1 Cor 13,3). Se Gesù ci ha amato al punto da dare la sua vita per noi (cfr 1 Gv 3,16), come potremmo non amare Dio con tutto noi stessi e amarci di vero cuore gli uni gli altri? (cfr 1 Gv 4,11) Solo praticando la carità, anche noi potremo prendere parte alla gioia del nostro Signore.
      (Benedetto XVI - Angelus, 13 novembre 2011)

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  2. GESUITI - Questo testo parla prima dell’olio da procurarsi in questa vita. E qui dice: bisogna procurarselo trafficando i talenti. E il successivo dice come trafficarli: dandoli ai poveri. Quindi non è ciò che hai che conta, ma ciò che dai. Esattamente il contrario della logica del capitalismo. Il talento non è ciò che hai, è ciò che hai dato ai poveri. Ciò che hai investito.
    I talenti non sono le capacità – anche quelle, quelle contano poco – il talento è qualcosa di più profondo: ciò che ho e sono è dono di Dio. O lo vivo come dono d’amore e la mia vita decuplica l’amore, è una risposta all’amore che mi ha dato il dono, oppure io mi possiedo, voglio tenermi come sono e il mio talento va sotto terra e se non rispondo all’amore con l’amore, l’amore muore e io distruggo me stesso. Quindi la vita che ci è data è per rispondere nella responsabilità al dono ricevuto.
    E la parabola, se notate, si svolge in tre tempi: un primo tempo: il padrone, il signore che dà i suoi beni, tutti; e lui emigra lontano; ai servi, ciascuno secondo le sue capacità. Quindi ognuno di noi è diverso, ha doni diversi, ha anche in misura diversa.
    E poi ci sono tre tipi di persone: chi ha cinque, chi ha due, chi ha uno e c’è l’atteggiamento opposto di chi traffica, investe e raddoppia rispondendo all’amore con l’amore e di chi invece per paura non risponde. Sono praticamente due modi diversi di impostare la vita: o la vita la intendo come un debito da restituire, allora mi comporto correttamente senza amare né Dio né il prossimo e alla fine restituisco la vita dicendo: come me l’hai data te la rendo, ho fatto nulla di male! Oppure la vita è un dono di amore
    che si investe amando, allora proprio si raddoppia; l’altro ti ama, il Signore ti ama e questa è la tua realizzazione. E il tempo che ci è accordato in questa vita è per realizzare noi stessi come figli di Dio. Il brano successivo mostrerà ancor più da vicino com’è che si realizza.
    E se in un primo tempo c’è il Signore che dà i doni ai suoi servi – i vari talenti, il suo capitale lo affida tutto a loro – e nel secondo tempo ci sono i servi che fanno cose diverse, chi traffica e chi non traffica; nel terzo tempo tornerà il Signore e c’è il rendiconto, il giudizio finale.

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  3. -->Con chi di questi servi ci dobbiamo identificare? La parabola precedente diceva: Vegliate, cioè ci voleva far identificare con le vergini stolte che non hanno procurato l’olio in tempo; ora ci vuol fare identificare con un terzo servo, quello che ha sepolto il talento, perché non facciamo come lui.
    Per questo chi fa la carità al povero, fa un prestito al Signore, dice il libro dei Proverbi.
    E andando via, cosa ha fatto? Ha consegnato tutti i suoi beni a noi. E qual è il bene del Figlio? È il suo amore per il Padre e per i fratelli. È lo Spirito Santo, è l’olio di cui si parlava nella parabola precedente. Questo è tutto il bene che il Signore ci lascia. Cioè Lui è andato via, ci ha amato, ha dato se stesso per noi, ci ha consegnato il suo Spirito, perché anche noi possiamo amarlo nell’ultimo dei fratelli. Allora così rispondiamo al suo amore con l’amore e diventiamo noi stessi figli come lui. Quindi noi ormai nel mondo, siamo i gestori responsabili di Dio stesso; ci ha dato tutto, ci ha dato la vita, tocca a noi viverla, amministrarla.

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