Antifona O Dio, nostra difesa, guarda il volto del tuo consacrato. Per me un giorno nel tuo tempio è più che mille altrove. (Cf. Sal 83,10-11)
Colletta O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi nei nostri cuori la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Il Signore non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide. Dal libro di Rut Rt 2,1-3.8-11; 4,13-17
Noemi aveva un parente da parte del marito, un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec, che si chiamava Booz. Rut, la moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure, figlia mia». Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlec. Booz disse a Rut: «Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo. Non allontanarti di qui e sta’ insieme alle mie serve. Tieni d’occhio il campo dove mietono e cammina dietro a loro. Ho lasciato detto ai servi di non molestarti. Quando avrai sete, va’ a bere dagli orci ciò che i servi hanno attinto». Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: «Io sono una straniera: perché sono entrata nelle tue grazie e tu ti interessi di me?». Booz le rispose: «Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito, e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso gente che prima non conoscevi». Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: ella partorì un figlio. E le donne dicevano a Noemi: «Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli». Noemi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: «È nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 127 (128)
R. Benedetto l’uomo che teme il Signore.
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. R.
La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. R.
Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! R.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Uno solo è il Padre vostro, quello celeste e uno solo è la vostra Guida, il Cristo. (Mt 23,9b.10b)
Vangelo Dicono e non fanno. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati "rabbì" dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate "padre" nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide", perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
PAROLE DEI PAPI L’autorità nasce dal buon esempio, per aiutare gli altri a praticare ciò che è giusto e doveroso, sostenendoli nelle prove che si incontrano sulla via del bene. L’autorità è un aiuto, ma se viene esercitata male, diventa oppressiva, non lascia crescere le persone e crea un clima di sfiducia e di ostilità e, anche, porta alla corruzione. Noi discepoli di Gesù non dobbiamo cercare titoli di onore, di autorità o di supremazia. . Noi, discepoli di Gesù non dobbiamo fare questo, poiché tra di noi ci dev’essere un atteggiamento semplice e fraterno. Siamo tutti fratelli. Se abbiamo ricevuto delle qualità dal Padre celeste, le dobbiamo mettere al servizio dei fratelli, e non approfittarne per la nostra soddisfazione e interesse personale. (P. Francesco Angelus, 5 novembre 2017)
Vuoi essere grande?”, chiedeva sant’Agostino; e rispondeva: “Comincia dalle cose più piccole. Vuoi innalzare una costruzione di grande altezza? Prima pensa al fondamento della bassezza” (S. Augustini Sermo 69, 1,2). Se vogliamo veramente costruire l’edificio della nostra santificazione, bisogna fondarlo sull’umiltà. Gesù ci è di modello. Egli, come dice san Paolo, “pur essendo di natura divina . . . spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo . . .; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8). Come non sentirsi, come non essere piccoli e umili davanti al mistero dell’incarnazione e della redenzione, davanti al Figlio di Dio che vagisce a Betlemme, che si avvolge di silenzio a Nazaret, che vive un’esistenza di povero, che muore su una nuda croce? È Gesù il primo, il vero umile, l’unico che ha veramente glorificato Dio - infatti Dio è “glorificato dagli umili”, ci ha ancora detto il Siracide (Sir 3, 20) - perché si è umiliato in tutta la sua esistenza, pur manifestando vittoriosamente la sua potenza di Signore, ed è stato ciò che egli stesso si è definito: “mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). (San Giovanni Paolo II – Messa ad Anagni, 31 agosto 1986)
Gesuiti - Gesù parla degli scribi e dei farisei. Il capitolo 23 è tutto un trattato sull'ipocrisia che è il virus tipico della persona religiosa, ma non solo religiosa. Ci sono varie forme di religione. In ufficiò è religione far così, nella politica è religione, in tutto è religione far così. La legge dell'apparire in contraddizione con ciò che senti e ciò che fai. È questa l'ipocrisia che intacca in sostanza il nostro essere figli di Dio e fratelli e questo funziona a tutti i livelli. Funziona nella sinagoga, in chiesa, in piazza, nell'ufficio, dappertutto. È questo quel virus indistruttibile che Gesù attribuisce nella sua epoca agli scribi e ai farisei che erano persone bravissime, tutto sommato, stimabilissime. Ciò che lui denuncia degli scribi dei farisei noi possiamo facilmente applicarlo a quelli di una volta, applicarlo agli altri, applicarlo ai preti eventualmente, anche tutte cose vere se non si dimentica che Giove ci ha dato due bisacce. I difetti che vediamo nella bisaccia di quello che ci sta davanti sono esattamente quelli che stanno sulle mie spalle che non vedo. Quindi questa descrizione degli scribi e dei farisei ci fa da specchio per vedere quel male radicale che s'annida in ciascuno di noi e che poi emerge anche nei capi perché il capo è quello che è riconosciuto tale perché tutti si rispecchiano in quello, è uguale. È un testo di grande libertà interiore e vuole portarci però a questo la libertà. E non ci si arriva attraverso denunce così di altri, ma attraverso lo snidamento di quel male sottile che sta dentro ciascuno di noi. In fondo qui lo dice chiaramente quello dell'incoerenza tra dire e fare, dicono e non fanno, quello del volere apparire a tutti i livelli, quello di esser importanti, dell’essere maestri, dell’essere padri, dell’essere signori, nell’essere quelle persone che tutto sommato dominano. Si può prevalere sull'altro o con la cattiveria, ma allora ti dicono che sei cattivo, eventualmente ti potrebbe anche in prigione, oppure c'è un modo di prevalere sull'altro di uccidere fratello e di uccidere se stessi come figli che quasi non ci si accorge che avvenga. È usare il bene, le qualità che hai, invece, che per unirti agli altri in un servizio reciproco di amore, per dominare e servirti degli altri come piedestallo. Per cui tutto il bene che abbiamo è ridotto a male da questa ipocrisia. Si possono fare anche beneficenza purché ti mettano la lapide, purché ti mettono sul bollettino, che te ne torni un vantaggio di immagine, fai tutto. Allora, anche il bene è strumentalizzato al male. E su questo tutti noi uomini siamo sensibili perché è determinante per noi come siamo visti, come siamo stimati. Allora, cerchiamo la stima e la vanagloria che mi viene dagli altri, invece di considerare la vera stima che devo avere di me e degli altri che sono figlio di Dio e questo ce n'è davanzo Il pericolo è di ridurre il vangelo a norma, ma questo non solo noi che lo proponiamo, ma anche chi lo ascolta. Dice: Adesso devo fare questo. No, non devi fare. Il vangelo è quello che il Signore fa per te. È la buona notizia del dono che ti fa. Accogli questo dono, cresci in questo dono e poi la tua vita sarà una risposta a questo dono. E non confischiamolo subito come legge. L'origine di questo male è che tutto ciò che fanno non lo fanno per amore, lo fanno per narcisismo per essere ammirati dagli uomini, cioè per vanagloria.
L’uomo ha bisogno di ammirazione e di stima. O scopre davvero la sua identità nella stima infinita, nell’amore infinito che Dio ha per lui, e allora vive di questa e comunica stima agli altri e amore, oppure lo mendica in tutti i modi da tutti, anzi lo carpisce da tutti. E lo carpisce attraverso quelle cose che lo rendono in qualche modo ammirevole. Quindi utilizza i suoi doni anziché per amare e per servire, per carpire ammirazione, per sentirsi di qualcuno. Sarà poi l’ipocrisia che denuncia dopo. Chi si innalzerà sarà abbassato. Chi si mette al centro finirà non tanto per essere condannato da chi sa chi, ma semplicemente per il corso delle cose, sprofonderà in se stesso. Cadere nei propri abissi è forse la cosa peggiore che ad uno possa succedere. Mettersi al centro significa proprio prepararsi questa trappola.
Antifona
RispondiEliminaO Dio, nostra difesa,
guarda il volto del tuo consacrato.
Per me un giorno nel tuo tempio
è più che mille altrove. (Cf. Sal 83,10-11)
Colletta
O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi nei nostri cuori la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Il Signore non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.
Dal libro di Rut
Rt 2,1-3.8-11; 4,13-17
Noemi aveva un parente da parte del marito, un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec, che si chiamava Booz. Rut, la moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure, figlia mia». Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlec.
Booz disse a Rut: «Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo. Non allontanarti di qui e sta’ insieme alle mie serve. Tieni d’occhio il campo dove mietono e cammina dietro a loro. Ho lasciato detto ai servi di non molestarti. Quando avrai sete, va’ a bere dagli orci ciò che i servi hanno attinto».
Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: «Io sono una straniera: perché sono entrata nelle tue grazie e tu ti interessi di me?». Booz le rispose: «Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito, e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso gente che prima non conoscevi».
Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: ella partorì un figlio.
E le donne dicevano a Noemi: «Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli».
Noemi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: «È nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 127 (128)
R. Benedetto l’uomo che teme il Signore.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene. R.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa. R.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita! R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Uno solo è il Padre vostro, quello celeste
e uno solo è la vostra Guida, il Cristo. (Mt 23,9b.10b)
Alleluia.
EliminaVangelo
Dicono e non fanno.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati "rabbì" dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate "padre" nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide", perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Parola del Signore.
PAROLE DEI PAPI
EliminaL’autorità nasce dal buon esempio, per aiutare gli altri a praticare ciò che è giusto e doveroso, sostenendoli nelle prove che si incontrano sulla via del bene. L’autorità è un aiuto, ma se viene esercitata male, diventa oppressiva, non lascia crescere le persone e crea un clima di sfiducia e di ostilità e, anche, porta alla corruzione. Noi discepoli di Gesù non dobbiamo cercare titoli di onore, di autorità o di supremazia. . Noi, discepoli di Gesù non dobbiamo fare questo, poiché tra di noi ci dev’essere un atteggiamento semplice e fraterno. Siamo tutti fratelli. Se abbiamo ricevuto delle qualità dal Padre celeste, le dobbiamo mettere al servizio dei fratelli, e non approfittarne per la nostra soddisfazione e interesse personale.
(P. Francesco Angelus, 5 novembre 2017)
EliminaVuoi essere grande?”, chiedeva sant’Agostino; e rispondeva: “Comincia dalle cose più piccole. Vuoi innalzare una costruzione di grande altezza? Prima pensa al fondamento della bassezza” (S. Augustini Sermo 69, 1,2). Se vogliamo veramente costruire l’edificio della nostra santificazione, bisogna fondarlo sull’umiltà. Gesù ci è di modello. Egli, come dice san Paolo, “pur essendo di natura divina . . . spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo . . .; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8). Come non sentirsi, come non essere piccoli e umili davanti al mistero dell’incarnazione e della redenzione, davanti al Figlio di Dio che vagisce a Betlemme, che si avvolge di silenzio a Nazaret, che vive un’esistenza di povero, che muore su una nuda croce? È Gesù il primo, il vero umile, l’unico che ha veramente glorificato Dio - infatti Dio è “glorificato dagli umili”, ci ha ancora detto il Siracide (Sir 3, 20) - perché si è umiliato in tutta la sua esistenza, pur manifestando vittoriosamente la sua potenza di Signore, ed è stato ciò che egli stesso si è definito: “mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). (San Giovanni Paolo II – Messa ad Anagni, 31 agosto 1986)
Gesuiti - Gesù parla degli scribi e dei farisei. Il capitolo 23 è tutto un trattato sull'ipocrisia che è il virus tipico della persona religiosa, ma non solo religiosa. Ci sono varie forme di religione. In ufficiò è religione far così, nella politica è religione, in tutto è religione far così. La legge dell'apparire in contraddizione con ciò che senti e ciò che fai. È questa l'ipocrisia che intacca in sostanza il nostro essere figli di Dio e fratelli e questo funziona a tutti i livelli. Funziona nella sinagoga, in chiesa, in piazza, nell'ufficio, dappertutto. È questo quel virus indistruttibile che Gesù attribuisce nella sua epoca agli scribi e ai farisei che erano persone bravissime, tutto sommato, stimabilissime. Ciò che lui denuncia degli scribi dei farisei noi possiamo facilmente applicarlo a quelli di una volta, applicarlo agli altri, applicarlo ai preti eventualmente, anche tutte cose vere se non si dimentica che Giove ci ha dato due bisacce. I difetti che vediamo nella bisaccia di quello che ci sta davanti sono esattamente quelli che stanno sulle mie spalle che non vedo. Quindi questa descrizione degli scribi e dei farisei ci fa da specchio per vedere quel male radicale che s'annida in ciascuno di noi e che poi emerge anche nei capi perché il capo è quello che è riconosciuto tale perché tutti si rispecchiano in quello, è uguale. È un testo di grande libertà interiore e vuole portarci però a questo la libertà. E non ci si arriva attraverso denunce così di altri, ma attraverso lo snidamento di quel male sottile che sta dentro ciascuno di noi. In fondo qui lo dice chiaramente quello dell'incoerenza tra dire e fare, dicono e non fanno, quello del volere apparire a tutti i livelli, quello di esser importanti, dell’essere maestri, dell’essere padri, dell’essere signori, nell’essere quelle persone che tutto sommato dominano. Si può prevalere sull'altro o con la cattiveria, ma allora ti dicono che sei cattivo, eventualmente ti potrebbe anche in prigione, oppure c'è un modo di prevalere sull'altro di uccidere fratello e di uccidere se stessi come figli che quasi non ci si accorge che avvenga. È usare il bene, le qualità che hai, invece, che per unirti agli altri in un servizio reciproco di amore, per dominare e servirti degli altri come piedestallo. Per cui tutto il bene che abbiamo è ridotto a male da questa ipocrisia. Si possono fare anche beneficenza purché ti mettano la lapide, purché ti mettono sul bollettino, che te ne torni un vantaggio di immagine, fai tutto. Allora, anche il bene è strumentalizzato al male. E su questo tutti noi uomini siamo sensibili perché è determinante per noi come siamo visti, come siamo stimati. Allora, cerchiamo la stima e la vanagloria che mi viene dagli altri, invece di considerare la vera stima che devo avere di me e degli altri che sono figlio di Dio e questo ce n'è davanzo
RispondiEliminaIl pericolo è di ridurre il vangelo a norma, ma questo non solo noi che lo proponiamo, ma anche chi lo ascolta. Dice: Adesso devo fare questo. No, non devi fare. Il vangelo è quello che il Signore fa per te. È la buona notizia del dono che ti fa. Accogli questo dono, cresci in questo dono e poi la tua vita sarà una risposta a questo dono. E non confischiamolo subito come legge.
L'origine di questo male è che tutto ciò che fanno non lo fanno per amore, lo fanno per narcisismo per essere ammirati dagli uomini, cioè per vanagloria.
---->
EliminaL’uomo ha bisogno di ammirazione e di stima. O scopre davvero la sua identità nella stima infinita, nell’amore infinito che Dio ha per lui, e allora vive di questa e comunica stima agli altri e amore, oppure lo mendica in tutti i modi da tutti, anzi lo carpisce da tutti. E lo carpisce attraverso quelle cose che lo rendono in qualche modo ammirevole. Quindi utilizza i suoi doni anziché per amare e per servire, per carpire ammirazione, per sentirsi di qualcuno. Sarà poi l’ipocrisia che denuncia dopo.
Chi si innalzerà sarà abbassato. Chi si mette al centro finirà non tanto per essere condannato da chi sa chi, ma semplicemente per il corso delle cose, sprofonderà in se stesso. Cadere nei propri abissi è forse la cosa peggiore che ad uno possa succedere. Mettersi al centro significa proprio prepararsi questa trappola.
vedi precedente commento 23,1-7
seguente 23,11-12